Paralisi di Bell: la forma più comune di paralisi del settimo nervo cranico
- Three Dom
- 28 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Autore: Dott. Dylan Vella | Ortottista
Introduzione
La paralisi di Bell è una condizione neurologica che provoca la paralisi improvvisa di un lato del volto. Per decenni è stata definita "idiopatica", ovvero senza causa nota. Tuttavia, negli ultimi anni la ricerca scientifica ha compiuto significativi passi avanti nel chiarire le possibili origini di questa patologia, rivedendone in parte l'approccio diagnostico e terapeutico. Cos'è la paralisi di Bell La paralisi di Bell colpisce il settimo nervo cranico, o nervo facciale, che controlla i muscoli dell'espressione facciale. Quando questo nervo si infiamma o si danneggia, i segnali tra il cervello e il volto vengono interrotti, provocando la perdita improvvisa e spesso completa del movimento su un lato del viso. L'occhio può restare aperto senza chiudersi, la bocca può incurvarsi verso il basso, e persino il gusto e la lacrimazione possono alterarsi. È come se, da un momento all'altro, il volto "si spegnesse" su un lato, rendendo difficile sorridere, strizzare l'occhio o parlare chiaramente. Non vi sono sintomi cognitivi: il paziente è lucido, ma la mimica è bloccata, creando disagio sia fisico che emotivo. Protezione dell'occhio durante la paralisi Una delle conseguenze più fastidiose e potenzialmente rischiose della paralisi di Bell è l'impossibilità di chiudere completamente l'occhio del lato colpito, soprattutto durante il sonno. Questo espone la cornea a secchezza, irritazioni e possibili lesioni. Per proteggere l'occhio, si utilizzano diverse strategie. Durante il giorno si consigliano lacrime artificiali, mentre di notte è utile applicare un unguento oftalmico lubrificante. Per mantenere l'occhio chiuso si può ricorrere a due metodi principali: l'uso di un cerotto adesivo, applicato delicatamente per tenere le palpebre chiuse, oppure una conchiglia protettiva trasparente (eye shield), che si fissa con un cerotto attorno all'orbita senza esercitare pressione diretta sull'occhio. La scelta dipende dal grado di chiusura residua, dalla tollerabilità individuale e dalle indicazioni del professionista. In ogni caso, la protezione oculare è una componente essenziale della cura fin dalle prime fasi. Eziopatogenesi: centrale vs periferica La sede della lesione lungo il percorso del nervo facciale è fondamentale per interpretare correttamente i sintomi. Se la lesione è centrale (sopranucleare), come accade in un ictus cerebrale, la paralisi interesserà soltanto la metà inferiore (occhio non coinvolto) del volto controlaterale alla lesione, poiché la parte superiore del volto (occhi e fronte) riceve innervazione da entrambi gli emisferi cerebrali. Invece, se la lesione è periferica (infranucleare), come nella paralisi di Bell, il deficit coinvolge l'intero emivolto omolaterale alla lesione: fronte, palpebra, guancia e bocca. Questa distinzione aiuta il clinico a differenziare rapidamente una paralisi di Bell da una lesione cerebrale centrale e ad impostare correttamente il percorso diagnostico. Incidenza e distribuzione La paralisi di Bell colpisce ogni anno circa 20–30 persone ogni 100.000 abitanti, rendendola la forma più comune di paralisi facciale periferica. Può manifestarsi a qualunque età, ma è più frequente tra i 15 e i 60 anni. La distribuzione geografica e stagionale appare piuttosto uniforme, anche se alcuni studi suggeriscono una leggera prevalenza nei mesi più freddi. Dalla causa sconosciuta alle ipotesi virali Tra i progressi più rilevanti degli ultimi cinque anni, spiccano le conferme del ruolo dei virus neurotropi. In particolare, l'Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1) e il virus Varicella-Zoster (VZV) sono stati individuati come possibili fattori scatenanti. La loro riattivazione nei gangli nervosi potrebbe provocare l'infiammazione del nervo facciale e, di conseguenza, la paralisi. Il ruolo dell'immunità e l'infiammazione nervosa Accanto all'ipotesi virale, si fa strada l'idea che la paralisi di Bell sia in realtà una neuropatia infiammatoria su base autoimmune. La risposta immunitaria scatenata da infezioni virali può aggredire le strutture nervose, danneggiando la guaina mielinica del nervo facciale. Studi recenti hanno dimostrato la presenza di citochine infiammatorie e infiltrati immunitari nei tessuti colpiti. La pandemia e nuovi virus coinvolti L'arrivo del SARS-CoV-2 ha aperto nuovi interrogativi: alcuni casi di paralisi di Bell sono stati segnalati in concomitanza con l'infezione da COVID-19. Anche se rari, questi episodi rafforzano l'associazione tra infezioni virali e danno al nervo facciale. Fattori genetici e predisposizione individuale Nel 2021 uno studio genetico internazionale ha identificato una variante associata a un rischio leggermente aumentato di sviluppare la paralisi di Bell. Sebbene l'effetto di questa variante sia modesto, è la prima evidenza genetica significativa che suggerisce una predisposizione individuale. Altri fattori di rischio: diabete, depressione e stress Dati recenti evidenziano che condizioni come il diabete mellito, l'ipertensione e persino la depressione possono raddoppiare il rischio di insorgenza della paralisi. Lo stress psico-fisico potrebbe contribuire a scatenare o peggiorare la risposta immunitaria anomala. Paralisi facciali iatrogene (post-chirurgiche) e loro prognosi (paragrafo decontestualizzato, ma utile) In ambito chirurgico, la paralisi del nervo facciale può manifestarsi come complicanza di interventi a livello di parotide, orecchio medio, base cranica o chirurgia maxillo-facciale. In questi casi, si tratta tipicamente di paralisi periferiche, che interessano l'intero emivolto omolaterale. Se il danno è parziale o da compressione (neuropraxia), la prognosi è favorevole e il recupero avviene spesso entro settimane o mesi. Nei casi di lesione completa (neurotmesis), è possibile un recupero solo parziale, a volte dopo chirurgia ricostruttiva. Le paralisi centrali iatrogene, più rare, si osservano in seguito a interventi intracranici e causano il coinvolgimento della parte inferiore dell'emivolto controlaterale. In tutti i casi iatrogeni, la prognosi dipende da entità e sede della lesione, dal tempo di diagnosi e dall'approccio riabilitativo precoce. Nuove prospettive terapeutiche Queste nuove conoscenze hanno già un impatto pratico. Le linee guida raccomandano la somministrazione precoce di corticosteroidi, mentre in alcuni casi selezionati è indicato l'uso di antivirali. In futuro, si potrebbero sviluppare terapie più mirate, basate su biomarcatori genetici o immunologici. Prognosi La maggior parte dei pazienti con paralisi di Bell va incontro a una guarigione completa o quasi completa entro poche settimane o mesi, soprattutto se il trattamento con corticosteroidi è avviato precocemente. Circa l'85% dei casi mostra un miglioramento significativo entro tre settimane dall'esordio, e fino al 70% recupera completamente la funzionalità facciale entro sei mesi. Tuttavia, una minoranza dei pazienti (10–15%) può sviluppare sequele come debolezza residua, sincinesie (movimenti involontari associati), spasmi facciali o secchezza oculare persistente. La prognosi è meno favorevole nei casi gravi all'esordio, negli anziani e in presenza di comorbidità come il diabete. Un follow-up oftalmologico e neurologico è consigliato nei casi complessi o con recupero incompleto. Conclusione Lontana dall'essere una condizione realmente "idiopatica", la paralisi di Bell si configura sempre più come una sindrome a eziologia multifattoriale, dove interagiscono virus, immunità, genetica e ambiente. Comprendere meglio questi meccanismi apre la strada a diagnosi più accurate e trattamenti più efficaci, offrendo nuove speranze ai pazienti colpiti.







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