Perché evitare la prescrizione di occhiali bifocali in presenza di strabismo convergente con atteggiamento alfabetico | Dott. Dylan Vella, Ortottista Agrigento e Raffadali
- Three Dom
- 4 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Autore: Dylan Vella, Ortottista
Nel trattamento dello strabismo, ogni scelta deve essere orientata alla comprensione dei meccanismi fisiopatologici sottostanti e all’individuazione della strategia terapeutica più idonea per migliorare l’allineamento oculare e la funzione binoculare. Una delle condizioni che richiede particolare attenzione è lo strabismo con atteggiamento alfabetico, ovvero quella variante in cui l’angolo di deviazione orizzontale varia significativamente in base alla posizione verticale dello sguardo, configurandosi nelle classiche forme a "A" o a "V".
In questi pazienti, la gestione ottica rappresenta uno dei primi passi nel percorso terapeutico, ma la prescrizione di lenti bifocali va valutata con estrema cautela, se non addirittura evitata. Questo perché la presenza di un segmento addizionale per la visione da vicino — tipico delle lenti bifocali — può interferire negativamente con l’analisi motoria e sensoriale del paziente.
Bifocale e postura compensatoria
In soggetti con strabismo ad "A" o "V", la posizione della testa e la direzione dello sguardo giocano un ruolo fondamentale nella manifestazione e compensazione della deviazione. Le lenti bifocali, fornendo una correzione distinta solo in alcune zone del campo visivo, possono modificare i movimenti oculari abituali, indurre posture anomale del capo o mascherare parzialmente l’effettivo comportamento della deviazione.
Inoltre, nei bambini — in cui queste forme di strabismo sono più frequentemente osservate — l’utilizzo del segmento bifocale può indurre confusione nella gestione dello sguardo verso il basso, una delle posizioni più importanti per la diagnosi di atteggiamenti alfabetici.
Perché il bifocale non è efficace in presenza di atteggiamento a V
Consideriamo, ad esempio, un caso di strabismo convergente con atteggiamento alfabetico a V, in cui la deviazione è maggiore nello sguardo verso il basso rispetto alla posizione primaria. Se la condizione è accompagnata anche da un eccesso di convergenza accomodativo — cioè una deviazione maggiore per vicino rispetto al lontano — può sembrare logico compensare questa componente mediante lenti addizionali positive per vicino. Tuttavia, l’uso del bifocale in questi casi risulta inefficace. Infatti, se da un lato si cerca di neutralizzare l’eccesso accomodativo per vicino, dall’altro il paziente guarda proprio verso il basso per sfruttare la zona addizionale del bifocale, accentuando la deviazione associata all’atteggiamento a V. Il risultato è che lo strabismo non si riduce come previsto.
Una possibile — ma poco pratica — alternativa è l’utilizzo di un occhiale monofocale con addizione per vicino, che consente al paziente di mantenere lo sguardo in posizione primaria, evitando così l’aggravarsi della deviazione nello sguardo in basso, e al tempo stesso compensare l’eccesso di convergenza accomodativo.
Tuttavia, la soluzione più efficace rimane l’intervento chirurgico sui muscoli oculari, mirato non solo a ridurre l’angolo di deviazione, ma anche a correggere l’atteggiamento alfabetico. In questo modo, qualora persista un eccesso di convergenza accomodativo dopo l’intervento, sarà allora possibile valutare l’utilizzo di un occhiale bifocale, questa volta realmente utile e funzionale al controllo della deviazione per vicino.
Un errore comune nella valutazione del bifocale
Un errore frequente, che ho osservato più volte nel corso della mia carriera, è la valutazione dell'efficacia del bifocale sollevando l’occhiale dal volto del paziente. Questa manovra, seppur benintenzionata, altera la postura naturale del capo e rende impossibile osservare il reale comportamento dello strabismo durante l’uso del segmento per vicino.È fondamentale, invece, lasciare che il paziente assuma spontaneamente la posizione compensatoria del capo e valutare lo strabismo nello sguardo in basso, esattamente nella porzione del campo visivo in cui il bifocale viene utilizzato. Solo in questo modo è possibile ottenere una stima attendibile dell'efficacia ottica e motoria della lente addizionale, evitando valutazioni fuorvianti che possono portare a prescrizioni inadeguate o inefficaci.
Quando prescriverli (e quando no)
Le lenti bifocali trovano invece indicazione in forme specifiche di esotropia, come l’esotropia accomodativa non completamente correggibile con la sola lente da lontano, ma solo in assenza di atteggiamenti alfabetici significativi. In caso contrario, la priorità deve essere data a una valutazione ortottica approfondita, eventualmente supportata da test con cicloplegia, valutazioni in upgaze e downgaze e osservazione della postura compensatoria del capo.
Conclusioni
La prescrizione di un occhiale bifocale non è neutra, soprattutto in pazienti con strabismo e atteggiamento alfabetico. L’uso non mirato di questo tipo di correzione può alterare la presentazione clinica, ostacolare la diagnosi e compromettere la pianificazione terapeutica. È compito dell’ortottista e dell’oculista lavorare in sinergia per evitare interventi correttivi prematuri o inadeguati, scegliendo strumenti che permettano una visione reale, non artefatta, della condizione del paziente.

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