A cura di Dylan Vella, Ortottista
Considerando che la legislazione italiana non si esprime concretamente a riguardo, al fine di rispondere al quesito come da titolo, segue un’analisi della casistica giuridica ed infine segue risposta secondo ragionamento deduttivo.
Prima di tutto definiamo con esattezza il concetto di esercizio abusivo della professione applicato al campo medico con specifico riferimento alla possibilità di prescrivere lenti correttive in caso di miopia, ipermetropia, astigmatismo ed afachia.
Fino ad oggi, la popolazione italiana è cosciente che l’atto del prescrivere un occhiale rappresenti un esercizio della professione medica, nelle vesti del Medico-Chirurgo specializzato in Oftalmologia (Oculistica).
Cosa vuol dire esercizio abusivo?
In prospettiva di ciò che verrà approfondito in questa sede, si rende necessaria una breve disamina della fattispecie di cui all’art. 348 c.p. la quale sancisce che chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.
Cos’altro comporta la condanna sul piano pratico?
La condanna comporta, tra le altre cose, la trasmissione della sentenza al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.
Cosa intende tutelare la norma?
La fattispecie delittuosa di cui sopra sanziona l’abusivo esercizio di una professione a favore di un controllo sull'esercizio di professioni che abbiano particolare rilievo per la comunità legittimato dal provvedimento di abilitazione ed iscrizione in albi che garantiscono la qualità professionale del singolo esercente.
L'interesse tutelato è, dunque, quello pubblico di garanzia, di controllo dell'esercizio della professione da parte di chi sia in possesso dei necessari requisiti di idoneità e di capacità.
Perché abusivo? Quando si è abusivi?
La norma in esame, peraltro, sanziona non solo l'esercizio senza abilitazione professionale(senza il certificato di laurea, per intenderci), ma anche la condotta di chi ha il titolo di studio corrispondente ma non l'abilitazione (vedi Cass. VI n. 14302/2014), nonché quando siano intervenuti provvedimenti sospensivi quali la sanzione disciplinare della sospensione dell'esercizio della professione (cfr. Cass. VI n. 14013/2014).
Per poter meglio comprendere quando si integra il reato di esercizio abusivo della professione va considerato quali attività, nell'ambito di una professione, siano precluse ai non abilitati, dovendosi tenere conto della differenza tra atti tipici riservati ed atti che siano riferibili alla stessa professione in quanto strumentali rispetto a quelli tipici.
La regola è stata definita dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U., n. 11545/2011; vedi anche Cass. VI, n. 33464/2018) che si sono espresse nel senso che l'esercizio abusivo si realizza sia con lo svolgimento, anche occasionale e gratuito, degli atti attribuiti in via esclusiva a una determinata professione che con lo svolgimento di quegli atti che, pur non esclusivi della professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione; per tali atti, però, il reato sussiste laddove vengano compiuti con modalità tali, per continuità, onerosità e organizzazione, da creare l'apparenza oggettiva del regolare esercizio di una professione.
Ma allora quando scatta il reato? Quando si invade il campo strettamente medico?
Il reato non si perfeziona se non vi sia prestazione professionale ma semplice uso di mezzi che non richiedono alcun apporto professionale (si veda, per il test audiometrico, Cass. VI n. 22534/2015).
In parole più semplici, ciò che caratterizza l’attività medica -per la quale è necessaria una specifica laurea e una altrettanto specifica abilitazione- è la diagnosi, cioè l’individuazione di un’alterazione organica o di un disturbo funzionale, la profilassi, ossia la prevenzione della malattia, e la cura, l’indicazione dei rimedi diretti ad eliminare le patologie riscontrate ovvero a ridurne gli effetti.
Pertanto, per la norma in esame rilevante non è il solo trattamento terapeutico, ma anche qualunque operazione che interferisca sull'integrità fisica e non possa prescindere dall'attenta valutazione delle condizioni di salute del soggetto che la subisce (cfr. Cass. VI, n. 43646/2011).
Vi sono degli esempi in campo medico oculistico?
Con riferimento alla specialità medico oculistica, si è affermato che l'optometrista che si limiti alla misurazione della vista e alla predisposizione di lenti correttive nei casi di miopia e di presbiopia, senza compiere valutazioni di carattere diagnostico o svolgere attività terapeutiche, non invade il campo del medico oculista (cfr. Cass. VI, n. 40745/2016).
[ 1 ]
E’ pacifico che qualsiasi attività non regolata espressamente dalla legge sia libera e perciò non penalmente sanzionata quando non comporti valutazioni di carattere diagnostico e svolgimento di attività terapeutiche dirette non già a rimediare a semplici disfunzioni della funzione visiva ma a vera e propria malattia, trattandosi di attività non riservata in via esclusiva al medico oculista.
Definizione complessa da parte della giurisprudenza; cerchiamo di riformulare il concetto in altri termini principiando dalla definizione di disturbo funzionale.
Definizione di disturbo funzionale
Per malattie funzionali in oftalmologia si intendono quei processi morbosi in cui si riscontrano disturbi di vario grado dell'apparato della vista nel suo complesso senza alterazioni patologiche corrispondenti per entità e o gravità.
Se l’individuazione di un disturbo funzionale è caratteristica dell’attività medica, cio’ vuol dire che solo il medico puo’ individuare un disturbo funzionale?
Verrebbe da dire di no, come viene sostenuto dalla sentenza precedente [ 1 ] “Miopia e Presbiopia” e da quella che segue [ 2] “Miopia, Astigmatismo, Ipermetropia, Presbiopia, Afachia”.
L'attività di optometrista, non specificamente regolata dalla legge (a differenza di quella dell'ottico) e consistente essenzialmente nella misurazione della vista, anche attraverso strumenti più o meno sofisticati, e nella scelta, caso per caso, delle lenti necessarie per la correzione del singolo difetto riscontrato, può costituire esercizio abusivo della professione medica, penalmente sanzionabile ai sensi dell'art. 348 c.p., solo quando l'optometrista compia valutazioni di carattere diagnostico, rilasci ricette, compia sull'occhio interventi di qualsiasi tipo, intervenga in caso di vere e proprie malattie oculari (e non di semplici disfunzioni della vista), e comunque in situazione e con modalità tali che possano compromettere lo stato di salute del cliente. Deve quindi ritenersi che l'optometrista possa, oltre ad effettuare la misurazione della vista, anche apprestare, confezionare e vendere, senza la preventiva ricetta medica, occhiali e lenti correttive non solo per i casi di miopia e presbiopia (come consentito anche all'ottico, in virtù dell'art. 12 r.d. 31 maggio 1928 n. 1334), ma anche per i casi di astigmatismo, ipermetropia ed afachia. (Cfr. Cassazione penale sez. VI, 11/04/2001, n.27853). [ 2 ]
Da questa sentenza si evince che le condizioni di miopia, ipermetropia, astigmatismo, presbiopia ed afachia sono definibili come semplici disfunzioni della vista che non richiedono esclusivamente una diagnosi medica.
Per ricetta si intende anche una prescrizione di lenti?
Al fine di porre una risposta a questo quesito bisogna comprendere cosa si intende per ricetta medica e cosa per prescrizione di lenti.
Definizione di ricetta medica
La prescrizione medica, comunemente detta ricetta medica, è un vero e proprio documento, redatto da un medico abilitato e iscritto all'albo professionale, che consente al paziente di prenotare visite specialistiche, esami diagnostici e di poter ritirare o acquistare i farmaci che richiedono una prescrizione medica.
Definizione di prescrizione di lenti
Non esiste una definizione ufficiale, in quanto con il termine di prescrizione ottica, comunemente ma erroneamente detta prescrizione oculistica, consiste in un foglio utile a trasmettere delle informazioni specifiche dal professionista prescrittore al professionista ricevente.
All’interno non contiene riferimenti a farmaci, esami diagnostici o visite specialistiche, pertanto la prescrizione ottica non va intesa come ricetta medica, piuttosto come un atto indicativo.
La prescrizione ottica contiene invece informazioni (diottrie) inerenti le lenti che il prescrittore desidera lasciar realizzare al ricevente (Ottico), da intendersi come indicazione di utilizzo di uno strumento quali le lenti a contatto o lenti correttive in occhiale per compensare le disfunzioni delle vista.
Le lenti diottriche inserite negli occhiali, i prismi e le lenti a contatto sono dispositivi medici su misura. Il Decreto legislativo n. 46 del 24 febbraio 1997, a mezzo del quale si è avuta l’“Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici”, con particolare riferimento ai “dispositivi medici su misura” definiti, in tale normativa, “qualsiasi dispositivo fabbricato appositamente, sulla base della prescrizione di un medico debitamente qualificato e indicante, sotto la responsabilità del medesimo, le caratteristiche specifiche di progettazione del dispositivo e destinato ad essere utilizzato solo per un determinato paziente. La prescrizione puo’ essere redatta anche da altra persona la quale vi sia autorizzata in virtu’ della propria qualificazione professionale”
In questo senso, a conferma di quanto riportato, è d’aiuto richiamare una vicenda processuale nella quale la Corte di Cassazione penale Sez. VI – chiamata a decidere su ricorso presentato dall’imputato condannato in appello per aver prescritto un prisma a due diottrie a base interna sull’occhio sinistro a scopo di correzione miopica, nello specifico dell’applicazione di lente a contatto per sorreggere un’insufficienza del visus determinata da lieve miopia - ha avuto modo di statuire che non è configurabile il reato di cui all’art. 348 c.p. nella condotta dell’esercente professione ausiliaria che abbia effettuato una correzione prismatica in quanto si tratta di attività consistente nella semplice misurazione della potenza visiva e nella prescrizione di lenti correttive e non implicante necessariamente una diagnosi medico- oculistica.
Sulla professione di ortottista, in giurisprudenza non sembrano rinvenibili parecchie informazioni, a differenza di quelle trovate con specifico riferimento agli optometristi; probabilmente nessun professionista con tale qualifica è mai stato rinviato a giudizio con tale accusa oppure eventuali controversie che li ha visti protagonisti non sono mai arrivate nei Palazzi di Giustizia.
Quindi, l’Ortottista puo’ prescrivere lenti correttive?
Per porre risposta a questa domanda bisogna definire di cosa si occupa l’ortottista e per tale scopo si cita il documento di posizionamento della FNO TSRM e PSTRP “Professione sanitaria Ortottista assistente di oftalmologia” :
l’ortottista-assistente di oftalmologia è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e su prescrizione del medico tratta i disturbi motori e sensoriali della visione ed effettua le tecniche di semeiologia strumentale oftalmologica.
Nello specifico la legge 251/2000, all’art. 2, comma 1, prevede: “Gli operatori delle professioni sanitarie dell'area della riabilitazione svolgono con titolarità e autonomia professionale, nei confronti dei singoli individui e della collettività, attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali”.
Nel dettaglio sempre per una chiara individuazione e suddivisione delle responsabilità, l’Ortottista, considerato che tratta i disturbi motori e sensoriali della visione, è tenuto a fornire indicazioni specifiche, relative a lenti refrattive, lenti a contatto, lenti prismatiche, ausili ottici, e a qualsiasi altro mezzo scientificamente adatto allo scopo del trattamento a cio’ riservato.
Il piano didattico del corso di laurea in Ortottica prevede insegnamenti di fisica ottica utili a fornire le basi formative per una prescrizione lenti?
Si, facendo solo un esempio, l’università degli studi di Milano ha programmato per l’anno didattico 2023/24 un corso di ottica fisiopatologica che prevede una durata di 60 ore.
L’Ortottista puo’ eseguire l’esame della refrazione? (si definisce esame della refrazione, la misurazione utile alla determinazione del valore delle lenti diottriche utili a compensare il difetto refrattivo quale miopia, ipermetropia, astigmatismo, presbiopia)
Citando sempre il documento di posizionamento della FNO TSRM e PSTRP “Professione sanitaria Ortottista assistente di oftalmologia” :
Il profilo professionale stabilisce che l’ortottista effettua le tecniche di semeiologia strumentale-oftalmologica; si intendono qui tutti gli esami di semeiologia strumentale oftalmologica, compresa l’optometria, che significa, appunto misurazione della vista.
Si riassume :
- Considerato che la prescrizione lenti è un esercizio non riservato all’attività medica e pertanto non rappresenta esercizio abusivo di professione
- Considerato che l’ortottista al fine di trattare i disturbi motori e sensoriali della visione necessita della prescrizione di lenti correttive o altri mezzi citati
- Considerato che l’ortottista svolge la propria professione con autonomia professionale

Si dedurebbe che l’ortottista possa legalmente prescrivere un occhiale.
Personale Considerazione
Ritengo che l’ortottista, cosi’ come ciascun professionista della salute oculare, medico incluso, debba conoscere e cooperare con le altre figure professionali specialiste al fine di garantire la migliore offerte sanitaria, pena una prestazione sanitaria lacunosa ed incapace di risolvere condizioni oculari potenzialmente trattabili.
Perché risolvere le difficoltà oculari di ciascun cittadino italiano rappresenta un nostro obbligo e la piu’ grande soddisfazione professionale e personale.
Al fine di rendere chiarissimo il concetto espongo un esempio dei motivi per i quali un Ortottista debba prescrivere un occhiale affinché riesca a svolgere la propria professione con responsabilità.
Un bambino viene portato a visita dai genitori al medico oculista.
Supponiamo che l’ortottista possa prescrivere un occhiale.
Il medico oculista pone diagnosi di ambliopia e consiglia una valutazione ortottica al fine di riabilitare l’ambliopia.
L’ortottista riscontra uno strabismo ed un elevato grado di ipermetropia differente in entrambi gli occhi, quindi prescrive l’occhiale che compensi sia lo strabismo che l’ipermetropia e se lo si terrà necessario consiglierà anche una terapia occlusiva riabilitando cosi’ l’ambliopia.
Supponiamo che l’ortottista non possa prescrivere un occhiale.
Il medico ha già prescritto un occhiale e solo in un secondo momento richiede una valutazione ortottica al fine di riabilitare l’ambliopia; a questo punto l’ortottista riscontra lo strabismo e ritiene che l’occhiale non sia appropriato poiché il medico oculista non era a conoscenza dello strabismo.
In questa situazione si verificherebbe l’impossibilità del trattamento riabilitativo poiché l’ortottista non potrebbe assumersi la responsabilità dello stesso.
Ergo, la prescrizione di lenti rappresenta un elemento chiave nel trattamento riabilitativo.
“L’ambliopia rappresenta solo un esempio, lo stesso infatti vale per tutti gli altri disturbi motori e sensoriali della visione”.
Comments